Gucci: tra le due guerre (seconda parte)

La Valigeria Guccio Gucci vendeva borse di pelle e valigie da viaggio, tutti articoli che Guccio selezionava personalmente dai suoi fornitori in Toscana, Germania e Inghilterra.

Sempre più spesso gli capitava di ricevere ordini di pezzi unici, difficili da reperire presso i suoi fornitori. Per questo decise di aprire un laboratorio dedicato alla produzione e alla riparazione di borse di pelle.

Dopo l’esperienza al Savoy aveva capito che la clientela benestante amava avere articoli unici ed esclusivi e infatti i suoi articoli divennero ben presto molto apprezzati.

Eppure, durante il primo anno di produzione i flussi di cassa soffrirono parecchio. Da un lato c’erano le richieste di pagamento dai fornitori delle pelli e dall’altro qualche cliente regolava il conto in ritardo. 

Gli venne in aiuto il futuro genero, il quale aveva messo i soldi da parte per sposare la giovane Grimalda Gucci. 

Il prestito fu provvidenziale.

Non solo Guccio riuscì a ripagarlo in pochi mesi, ma poté assumere una squadra di artigiani a cui affidò singolarmente il compito di completare un prodotto, dall’inizio alla fine e in totale autonomia. Questo processo poteva comportare l’assemblaggio di cento parti diverse per un solo articolo, per un totale di dieci ore di lavoro.

L’azienda cresceva, ma quando Mussolini invase l’Etiopia la Lega delle Nazioni sanzionò l’Italia e per Guccio fu impossibile approvvigionarsi delle materie prime necessarie alla sua produzione.

Fu così che il suo estro lo salvò dalla chiusura dell’attività.

Iniziò a produrre valigie e borse usando tela e pelli, ma queste ultime soltanto nelle parti in cui era più facile che si consumassero, gli angoli, le fibbie e le tracolle. 

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