L’espressione paradiso fiscale nasce probabilmente dalla traduzione inesatta di tax haven, più vicina a rifugio fiscale.
In effetti però, la parola heaven, paradiso, sembra quasi più appropriata.
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Si tratta di Stati nei quali il prelievo fiscale sui redditi è assai ridotto o del tutto assente, consentendo quindi notevoli risparmi a persone e società che vi stabiliscono la residenza o la sede legale.
Ma il meccanismo dei paradisi fiscali non nasce solo per evadere le tasse.
Nasce soprattutto per impedire di conoscere la provenienza del denaro e il suo proprietario (e questo nei paesi civili è reato).
Se mi occupo di traffici illeciti e guadagno dei soldi che poi vado a depositare in banca, questa è tenuta a chiedermi la documentazione che attesti la provenienza di quel denaro. Se li deposito nella banca di un paradiso fiscale, nessuno mi chiede niente.
Così, dopo averli ripuliti, li trasferisco nella banca del mio paese.
Per far fronte a questo meccanismo di riciclaggio le banche si sono dotate di un sistema di controllo che impone l’uso di codici che identificano il paese di provenienza e fanno scattare un allarme nel caso in cui questo paese sia nella black list dei paesi a fiscalità privilegiata.
San Marino
Fino al 12 febbraio 2014 in questa lista c’era anche la Serenissima Repubblica di San Marino, uno staterello di 61 kilometri quadrati situato tra la provincia di Rimini e quella di Pesaro-Urbino.
Dal 12 febbraio del 2014, appunto, la più antica Repubblica d’Europa fondata nel 301 d.C. è uscita dalla black list.
Tra gli interventi che hanno portato il Governo Italiano a prendere questa importante decisione, c’è l’adeguamento di San Marino agli standard internazionali in materia di scambio di informazioni, oltre alla modifica del prelievo fiscale, più in linea con quello italiano.
Il Vaticano
Nello Stato della Città del Vaticano è in corso una riforma della finanza che prevede l’adeguamento alle normative internazionali sulla trasparenza finanziaria e sull’anti-riciclaggio. Una prima tappa del processo è stata formalizzata nel 2015, quando è entrato nella white list fiscale, agevolando così lo scambio di informazioni di natura fiscale con l’Italia.
Non resta che attendere fiduciosi che il Vaticano si allinei agli standard europei della normativa contro il riciclaggio del denaro sporco.
Del resto, anche Papa Francesco ha sottolineato l’importanza di combinare armoniosamente, l’efficacia operativa e la natura pastorale essenziale di tutte le azioni.
Ascolta il podcast (speaker Marco Chiappini)