Il faccendiere Michele Sindona è stato il mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli, il commissario di Bankitalia che indagò sul crac delle sue banche.
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Oggi vi racconto la prima parte di questa storia.
Michele Sindona, 62 anni, siciliano, avvocato. Anni fa l’Economist (…) lo ha definito il più grande finanziere europeo e il Times, l’italiano di maggior successo dopo Mussolini (…). Nel ’74, al culmine della carriera, controllava 146 società in 11 paesi del mondo. (…) Oggi il suo nome è legato al più gigantesco e losco intreccio del secolo. Ne sono coinvolti politici e banchieri, cardinali e giudici, mafiosi e interi stati, assassini e assassinati.
Rai, Mixer – Faccia a faccia, Giovanni Minoli intervista Michele Sindona, 1983
Era il 1983 e Michele Sindona, condannato a 25 anni di prigione dal tribunale di New York per il fallimento della Franklin National Bank, si trovava recluso nel penitenziario di Otisville, a un’ora e mezza da New York.
Imputato con 65 capi d’accusa, quella di Michele Sindona era la più severa condanna che un colletto bianco avesse mai avuto nella storia degli Stati Uniti.
Specialista in esportazione di capitali e paradisi fiscali
Michele Sindona nasce nel 1920 a Patti, in Sicilia, per trasferirsi a Milano appena finita la guerra, nel 1946, dove apre uno studio di consulenza tributaria e legale e collabora con importanti società immobiliari.
Le sue specialità sono la pianificazione fiscale, l’esportazione di capitali, e il funzionamento dei paradisi fiscali e anche una certa spregiudicatezza, grazie a cui mette a segno operazioni di Borsa molto vantaggiose, che sono la base per l’attività di banchiere che svilupperà in seguito.
Negli anni Sessanta introduce a Piazza Affari gli strumenti di Wall Street, come l’OPA (offerta pubblica di acquisto), il conglomerate (quando una grande compagnia è divisa in settori che si occupano di affari completamente differenti tra loro), il private equity, (quando un investitore istituzionale acquista le azioni di una società non quotata su mercati regolamentati).
Diventato amico di esponenti della mafia, nel 1961 Michele Sindona compra la Banca Privata Finanziaria e, attraverso la sua capogruppo (holding) lussemburghese Fasco acquisisce anche altre società.
Nel 1969 conosce il cardinale Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, che fa entrare la banca vaticana IOR (Istituto per le Opere Religiose) nella Banca Privata Finanziaria, mentre Sindona continua a spostare i capitali verso le banche svizzere per speculare su scala internazionale.
Ma il colpaccio che Michele Sindona avrebbe voluto mettere a segno arriva nel 1971, quando si mette alla guida di un’OPA sulla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali.
L’operazione avrebbe portato alla nascita di un fronte di finanza bianca, legato alla DC (Democrazia Cristiana) di Giulio Andreotti e in contrapposizione alla finanza laica.
Inoltre, se il piano fosse riuscito, si sarebbe aperta la strada per una serie di fusioni, scalate, e controlli attraverso pacchetti di maggioranza, di solide società appartenenti ai più disparati settori dell’economia italiana.
Il crac Sindona
Nel 1972 Michele Sindona entra nella Franklin National Bank, tra i primi venti istituti di credito degli Stati Uniti, e partecipa al capitale di altre banche, tra cui la Finabank di Ginevra e la Continental Illinois di Chicago.
Nell’aprile del 1974 un crollo del mercato azionario si trascina dietro la Banca Privata Italiana e la banca Franklin, insolvente per frode, speculazioni in valuta estera e cattiva gestione dei prestiti.
Già nel 1971 la Banca d’Italia ha iniziato a investigare sulle attività delle banche di Sindona, da cui emergono contabilità in nero.
Molti enti pubblici (tra cui l’INPS) avevano affidato i propri depositi a Sindona, su cui applicava tassi d’interesse, sempre in nero, che fruttavano i soldi per le tangenti con cui corrompere amministratori e uomini politici.
Un giallo nel giallo: l’omicidio Ambrosoli
A seguito del fallimento della Banca Privata Italiana, nel 1974 la Banca d’Italia nomina un commissario liquidatore, l’avvocato Giorgio Ambrosoli, che esamina la trama intrecciata e articolata delle operazioni che Michele Sindona aveva messo in piedi.
Ambrosoli scopre che dietro il crac c’erano i depositi fiduciari: le banche trasferivano i soldi dei depositi dei clienti presso consociate estere e poi li utilizzavano sottobanco per finanziare le altre società del gruppo Sindona
Ambrosoli inizia a ricevere pressioni e tentativi di corruzione, affinché certifichi la buona fede di Sindona e gli eviti il carcere. Ma lo Stato italiano, per mezzo della Banca d’Italia, non poteva coprire le violazioni con cui Michele Sindona aveva creato quegli ingenti scoperti.
Per questo motivo, Giorgio Ambrosoli, pur cosciente del fatto che sta rischiando la pelle, conferma la responsabilità penale di Michele Sindona.
L’11 luglio del 1979 Giorgio Ambrosoli viene ucciso da quattro colpi di pistola da un malavitoso americano, mandato dallo stesso Sindona.
Giorgio Ambrosoli: un eroe borghese
Per approfondire l’indagine del commissario liquidatore Giorgio Ambrosoli, è molto consigliata la visione del film Un eroe borghese, di Michele Placido (disponibile su YouTube).
Il film del 1995, attraverso materiale originale dell’epoca, ricostruisce gli antefatti che portarono al barbaro omicidio.
Il ruolo di Ambrosoli è affidato a Fabrizio Bentivoglio, che restituisce perfettamente la figura di uomo di Stato e a cui lo Stato aveva affidato un incarico prestigioso e altrettanto oneroso, per poi ritrovarselo contro.
La tematica dell’uomo rappresentante della legge è incarnata anche dall’integerrimo maresciallo della Guardia di Finanza (interpretato da Michele Placido) che affianca Ambrosoli nelle indagini.
Abbandonati dagli amici e dalle loro autorità di riferimento, i due uomini si muovono in una Milano oscura, nel pieno degli anni di piombo, fatta di ricatti e tentativi di corruzione.
Ma con un’unica e sola certezza: quella di stare dalla parte giusta.
(Continua domenica prossima)