La Tobin Tax

La Tobin Tax è un’imposta pensata nel 1972 dall’economista premio Nobel, James Tobin, che fu tra i primi a proporre un prelievo sulle transazioni finanziarie.

Per praticare l’abilità di comprensione orale del testo, scarica le attività didattiche in .pdf e ascolta i podcast (speaker Marco Chiappini).

Nell’intenzione di Tobin c’era di fatto l’obiettivo di far diminuire le fluttuazioni dei tassi di cambio: prelevando una piccola aliquota di mezzo punto percentuale a ogni cambio da una valuta all’altra si sarebbe scoraggiata la speculazione.

Da Keynes a Tobin

Già l’economista britannico John Maynard Keynes, padre della macroeconomia, era favorevole a un’imposizione di questo tipo, proprio affinché gli investitori mantenessero durevolmente i titoli in portafoglio, e evitassero quelle speculazioni a breve, brevissimo, termine, che di certo non fanno bene al mercato. 

L’idea di Keynes, rielaborata da Tobin, aveva assunto così una nuova veste, per colpire in lieve misura le transazioni sui mercati valutari con l’obiettivo di stabilizzarli mediante la penalizzazione delle operazioni mordi e fuggi.

Un dibattito internazionale

L’ipotesi di adozione della Tobin Tax, applicata anche alle transazioni di Borsa, quindi su azioni, obbligazioni, e anche derivati,  ha generato un ampio dibattito a livello internazionale.

Se da un lato Stati Uniti, Inghilterra, Olanda, Cina e Giappone sono da sempre contrari, nel resto d’Europa ci sono stati tentativi di introduzione. 

Nel 2011 la Commissione Europea ha presentato un progetto per l’introduzione della Tobin Tax al fine di armonizzare le diverse forme di tassazione sulle transazioni finanziarie presenti in alcuni stati membri dell’Unione, ma si è ancora raggiunto un accordo, e la discussione resta aperta.

In Italia una sorta di Tobin Tax è in vigore dal 2013 e colpisce le transazioni ad alta frequenza con due aliquote differenziate, a seconda che si tratti di mercati regolamentati oppure no.

Di fatto però, affinché la Tobin Tax si renda efficace, deve trovarsi una comunione d’intenti da parte di tutte le nazioni.

Altrimenti si rischia di fare la fine della Svezia, che l’aveva introdotta nel 1981, per poi abolirla nel 1992, spingendo nel frattempo gli operatori finanziari verso altre piazze e generando così una fuga di capitali all’estero, e una diminuzione del gettito fiscale stimato.

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