Attraversare un posto di frontiera in macchina ha da sempre un sapore di fuga e di avventura.
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Alle richieste di rito delle autorità doganali, tipo favorisca i passaporti e motivo del viaggio, si risponde sempre con una certa ansia pure se magari si sta espatriando per una scampagnata fuori porta sulle montagne svizzere.
E pensare che c’era un tempo in cui i private banker svizzeri ti accoglievano con un biglietto da visita senza il logo della banca, proprio per evitare grane al confine in caso di perquisizione.
La fine di un’era
Quei tempi sono passati. Dal primo ottobre 2018 è in vigore lo scambio automatico di informazioni tra Italia, Svizzera e altri 98 Paesi (il CRS, Common Reporting Standard). In questo modo le banche svizzere inviano le informazioni inerenti ai clienti italiani (e non), passando prima per Berna, all’Ufficio Federale della Contribuzione, fino ad arrivare all’Agenzia delle Entrate italiana, settore internazionale.
In molti, l’addio della Svizzera al segreto bancario l’hanno definito la fine di un’era.
Di fatto gli ultimi anni sono stati caratterizzati da scandali finanziari e inchieste per riciclaggio di denaro ed evasione fiscale che hanno coinvolto le banche elvetiche.
Questo cambio di rotta deve andare di pari passo con una presa di posizione più dura da parte dell’autorità svizzera di vigilanza dei mercati di finanziari. Secondo Mark Pieth, professore di diritto penale all’Università di Basilea, l’autorità non avrebbe ritirato la licenza agli istituti bancari incriminati.
Il segreto bancario nella storia della Svizzera
Gli Ugonotti
Il segreto bancario appartiene alla storia svizzera da molto tempo e come diritto alla tutela della sfera privata.
Si tratta di un diritto che risale al 1713, quando il Gran Consiglio di Ginevra stabilì per i banchieri l’obbligo di conservare un registro della clientela e delle operazioni effettuate, con il divieto assoluto di diffonderne il contenuto.
All’epoca la piazza di Ginevra era già un importante centro nevralgico del sistema europeo di credito commerciale e finanziario.
A Ginevra infatti si erano stabiliti per primi i banchieri fiorentini della famiglia dei Medici nel 1425 e poi gli Ugonotti, i protestanti francesi che nel 1595 fuggivano dalle persecuzioni del Re di Francia Luigi XIV.
Più tardi, gli eredi degli stessi Ugonotti, membri di prestigiose famiglie di banchieri ginevrini, avrebbero prestato denaro alla stessa casa reale d’oltralpe e accolto le ricchezze degli aristocratici in fuga dalla rivoluzione francese.
L’istituzionalizzazione del segreto bancario
Il 27 ottobre 1932 la polizia francese fa irruzione negli appartamenti dalla Banca Commerciale di Basilea a Parigi e confisca una lista di nomi importanti, tra ministri, senatori e imprenditori dell’epoca.
Il governo francese congela gli averi della Banca Commerciale di Basilea in patria, mette dietro le sbarre i suoi dirigenti e invia gli ispettori alla sede principale, in Svizzera.
L’episodio diventa un caso diplomatico e fa tremare l’establishment finanziario svizzero che teme una fuga di capitali francesi.
Nel 1934 l’Assemblea federale della Confederazione approva la legge sulle banche e le casse di risparmio, che prevede una reclusione di tre anni nei casi di violazione del segreto bancario, oltre a un’ammenda di 250.000 franchi svizzeri.
Tangentopoli e i conti svizzeri
Tutto rimane pressoché invariato fino al 1991. Gli effetti dell’inchiesta di Tangentopoli in Italia si fanno sentire anche nella vicinissima Svizzera, che decide di non mantenere più anonimi i conti dei clienti in caso di inchieste giudiziarie.
Un intervento del parlamentare ticinese Werner Carrobbio, chiedeva al più presto un rapporto sulle implicazioni del settore bancario e parabancario svizzero negli scandali di in corso a Milano:
La Svizzera e il suo sistema giudiziario e bancario sono state inoltre più volte chiamate in causa dai giudici italiani di Mani Pulite per le lentezze con le quali avrebbero dato seguito alle richieste di assistenza giudiziaria o per le continue opposizioni contrapposte alle stesse. L’importanza dei capitali frutto di tangenti (…) depositati o transitati nelle banche o negli istituti parabancari, (…), gli aspetti giuridici e penali che le richieste di assistenza giuridica e relative critiche dei giudici italiani hanno sollevato, oltre ai legami, (…), che potrebbero chiamare in causa personalità politiche svizzere (…) impongono un chiarimento dei fatti e dei vari aspetti politici e legali ad essi legati. Questo nell’interesse della credibilità delle istituzioni politiche, giudiziarie ed economiche svizzere.
La richiesta di Werner Carrobbio fu respinta. Secondo l’Assemblea federale “la corruzione di funzionari esteri non costituisce reati per il diritto svizzero (…) il provento di tale corruzione non può pertanto essere oggetto di riciclaggio o di ricettazione“.
Il colpo di grazia
Il 6 maggio 2014, la Svizzera ha tolto definitivamente il segreto bancario, sottoscrivendo con l’OCSE l’accordo per lo scambio automatico delle informazioni.
Qualche anno prima era arrivato il colpo di grazia all’inespugnabile segretezza elvetica.
Il 22 dicembre 2008, l’ingegnere informatico italo-francese Hervé Falciani aveva violato il segreto bancario della filiale ginevrina della HSBC e consegnato la lista dei correntisti presunti evasori ai magistrati francesi.
Ma questa è un’altra storia.