Raul Gardini e l’affare Enimont (prima parte)

Nato nel 1933 in provincia di Ferrara, Raul Gardini amava farsi chiamare dai suoi amici il contadino, fedele alla terra e alle sue origini agricole e all’amore per il mare, che lo aveva portato a vincere l’America’s Cup a San Diego nel 1992, con la sua imbarcazione Il Moro di Venezia.

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La crescita nel Gruppo Ferruzzi

Fu uno dei protagonisti dell’economia italiana degli anni Ottanta. Alla morte del suocero Serafino Ferruzzi, nel 1979, prese le redini del Gruppo Ferruzzi, una società alimentare dove aveva iniziato a lavorare appena diplomato come perito agrario e dove era cresciuto professionalmente.

In pochi anni Raul Gardini trasformò Ferruzzi in un gruppo prevalentemente industriale, grazie a una politica di continue acquisizioni. Prima lo zucchero della società Eridania, già quotata in Borsa, poi la divisione amido della compagnia americana CPC e subito dopo la soia.

La scalata alla Montedison

Tra il 1985 e il 1987 acquisì la maggioranza della Montedison, un grande gruppo industriale e finanziario, attivo prevalentemente nella chimica, ma con interessi nei settori farmaceutico, energetico, metallurgico, agroalimentare, assicurativo e editoriale.

La scalata alla Montedison fu possibile grazie ad aumenti di capitale delle varie società del gruppo realizzati in Borsa; erano anni in cui il mercato finanziario italiano stava conoscendo una fase di euforia grazie ai primi fondi comuni di investimento.

Nella seconda metà degli anni Ottanta, Raul Gardini portò avanti il suo sogno di sempre, visionario per quegli anni: unire la chimica all’ambiente e creare un nuovo mercato energetico di derivazione agricola.

L’affare Enimont

Nel 1988 Raul Gardini realizzò la fusione della Montedison con l’ENI, l’Ente Nazionale Idrocarburi.

Era un’operazione mai avvenuta prima: il più grande polo chimico privato e il più grande polo petrolifero pubblico si fusero formando l’Enimont, una compagnia petrolchimica dove le due società di partenza possedevano il 40% ciascuno, e il restante 20% era nelle mani del mercato azionario.

Quattordicimila miliardi di fatturato (di vecchie lire), ventimila dipendenti: una delle prime dieci imprese chimiche del mondo.

La chimica sono io.

(Raul Gardini)

Da imprenditore versatile e sempre all’avanguardia, un centravanti della finanza, Raul Gardini aveva messo a segno raffinate operazioni societarie grazie anche alla sua capacità di muoversi velocemente e anticipando i tempi.

La maxi-tangente Enimont

Eppure per Enimont dovette cedere alla politica, che gli promise gli sgravi fiscali necessari per portare a termine l’operazione.

La proposta di legge restò incagliata in Parlamento per ben due volte.

A quel voltafaccia Gardini rispose con la decisione di scalare Enimont, rastrellando il 20% di azioni sul mercato, attraverso dei soci occulti.

Lo Stato italiano non aveva intenzione di cedere la chimica al settore privato. Denunciò, quindi, le manovre di mercato di Gardini che decise così di uscire dall’affare, cercando di spuntare un buon prezzo per le azioni in suo possesso.

Per spianare la (buona) uscita da Enimont era necessaria ancora una volta la politica. Erano necessari i partiti. Erano necessarie mazzette e tangenti per un totale di 150 miliardi di lire.

Per quella che venne definita la madre di tutte le tangenti, due anni dopo la chiusura dell’intero affare Enimont, il magistrato Antonio Di Pietro, nel pieno dell’inchiesta di Tangentopoli, chiamò a testimoniare i principali esponenti della politica italiana.

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