Nel 2021 si celebra il settecentenario della morte di Dante Alighieri, nato a Firenze nel 1265 e morto a Ravenna, in esilio, nel 1321.
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Il viaggio immaginario descritto nella Commedia inizia nella primavera del 1300, e ci fornisce ancora oggi degli spunti interessanti nel dibattito economico e sociale.
La politica italiana dell’epoca non era molto diversa da quella di oggi.
Le due fazioni principali erano i guelfi e i ghibellini.
I primi appoggiavano il papato, e i secondi sostenevano l’Impero.
All’interno dei guelfi, c’era un’ulteriore divisione: i guelfi bianchi, che volevano una maggiore autonomia dal potere del pontefice, e i guelfi neri, che invece erano fortemente legati al Papa per motivi economici, e per questo favorevoli a un suo totale controllo su Firenze e la Toscana.
Dante era un guelfo bianco, ma prima di tutto credeva in Dio e il suo pensiero religioso sarà un punto di vista fondamentale per la comprensione della Commedia, a partire dal modo in cui struttura l’aldilà e vi colloca le anime
Sebbene ispirato da questi forti principi religiosi, l’aggettivo Divina non lo aveva scelto lui.
In principio fu la Commedia, proprio perché vi si racconta la Commedia umana, nel bene e nel male.
Fu Giovanni Boccaccio, nato nel 1313, e anche autore di una biografia su Dante, a dare alla Commedia l’appellativo di Divina, per sottolinearne la natura teologica.
L’autore del Decamerone, altro potente e moderno ritratto della commedia umana, con una cornice oggi molto attuale – la peste del 1348 – lasciò in eredità ai posteri quell’appellativo, che mai fu così azzeccato.
Ascolta il podcast (voce e musica di Marco Chiappini)