In attesa di San Valentino, ripercorriamo oggi la storia della Perugina, produttrice del famoso Bacio, il cioccolatino più regalato tra gli innamorati.
Per praticare l’abilità di comprensione scritta del testo, scarica le attività didattiche multilivello in .pdf.
Prima della Grande Guerra
La Società Perugina per la fabbricazione dei confetti viene costituita a Perugia il 30 novembre 1907 con un capitale di 100.000 lire (circa 50€).
I soci sono Annibale Spagnoli, sua moglie Luisa Spagnoli, Leone Ascoli, Francesco Andreani, e, in posizione marginale, anche Francesco Buitoni.
Dopo aver rischiato il fallimento nel 1909, il diciottenne Giovanni Buitoni, figlio di Francesco, prende in mano le redini della società.
Il piano di salvataggio del giovane Buitoni prevede il reperimento di capitali e prestiti e il ridimensionamento della politica commerciale.
All’epoca il comparto dolciario industriale è ancora poco sviluppato in Italia. La Perugina riesce a spiccare il volo sul mercato, anche se per il suo limitato grado di specializzazione si configura come un’attività semi-artigianale.
La Prima Guerra Mondiale
In concomitanza con l’inizio della Prima Guerra Mondiale, la Perugina trasferisce la produzione nello stabilimento di Fontivegge, vicino alla stazione ferroviaria di Perugia.
Nonostante il conflitto renda difficile l’approvvigionamento delle materie prime, la società supera il periodo bellico grazie alla produzione di alimenti a base di cacao destinati ai soldati impegnati al fronte.
Il dopoguerra
Il bisogno di ampliare la capacità produttiva e allo stesso tempo adeguare la rete commerciale attraverso negozi per la vendita al dettaglio spinge Giovanni Buitoni alla ricerca di mercati esteri.
Nel 1922 nasce il Bacio, da un’idea di Luisa Spagnoli (e di questo ne parleremo nell’articolo di domenica prossima) e nel 1923 l’impresa si trasforma in una società per azioni.
Nel nuovo assetto societario i Buitoni controllano le attività attraverso un processo di acquisizioni di pacchetti azionari.
Queste operazioni consentono a Giovanni Buitoni (amministratore delegato sia della società Buitoni che della Perugina) ampio spazio di manovra nella ristrutturazione che nel frattempo sta investendo l’intero settore dolciario italiano.
L’imprenditore Riccardo Gualino tenta di far confluire anche la Perugina nella fusione tra le principali aziende cioccolatiere italiane, ma Giovanni Buitoni non è d’accordo e inizia una serie di mosse verso l’innovazione tecnica della produzione e nello sviluppo della rete commerciale, del marketing e del packaging.
La Perugina è tra le prime aziende in Italia a incartare e inscatolare i cioccolatini e avvia un piano di diffusione capillare della rete di vendita, sia in Italia che all’estero.
I riconoscimenti internazionali e il marketing innovativo
Già alla fine degli anni Venti la Perugina è la prima azienda italiana del settore ad applicare le tecniche dell’organizzazione scientifica del lavoro, aumentando la produttività e diminuendo la forza lavoro impiegata
Per contrastare la tassa sullo zucchero, introdotta negli Anni Trenta, e aumentare le vendite, Giovanni Buitoni e il direttore della pubblicità Aldo Spagnoli (figlio di Luisa Spagnoli) inventano un concorso legato a un programma radiofonico con un montepremi.
Tra i premi in palio c’è anche l’automobile Fiat Topolino.
Nel 1935 i prodotti Perugina sbarcano negli Stati Uniti.
A New York nasce La Bomboniera, punto vendita di prodotti italiani sulla Fifth Avenue, dove già la Buitoni distribuisce sughi pronti e pasta.
Gli avvicendamenti societari
Nel 1968 ha luogo la fusione per incorporazione della Buitoni nella Perugina.
Il nuovo gruppo attraversa varie difficoltà economiche fino alla sua vendita nel 1985 alla CIR dell’imprenditore Carlo De Benedetti.
Le vicissitudini legate alla mancata privatizzazione della società agro-alimentare SME, per la quale lo stesso De Benedetti è in trattativa, lo inducono a cedere la Buitoni-Perugina alla multinazionale svizzera Nestlè nel 1988.
Anche sotto la nuova proprietà a Perugia continua l’attività produttiva.
Nel 2007 Nestlé cede gli impianti di produzione di massa di cacao e cioccolato liquido dello stabilimento di San Sisto alla connazionale svizzera manifatturiera di cioccolato Barry Callebaut.
Nel 2019 lo converte lo stabilimento di San Sisto nell’hub europeo per la produzione di uno storico snack, completando così un piano di investimenti per 60 milioni di euro.
Non male per un’impresa che era partita con un capitale di poco meno di 50 euro.