Ancora oggi è molto usata l’espressione staccare cedola o staccare dividendo per indicare quando un’azienda o un ente pubblico paga gli interessi o gli utili ai possessori di azioni e obbligazioni.
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Normalmente, per i titoli azionari, il periodo di stacco del dividendo è nella prima metà dell’anno, dopo che l’assemblea dei soci si è riunita per decidere se, e in che misura, distribuire gli utili agli azionisti.
Invece, chi compra un prestito emesso da una società privata o da un ente pubblico sa già quando e quanto riceverà a titolo di cedola per il suo investimento.
Gli stacchi di cedole e dividendi avvengono con accredito diretto in conto corrente.
Eppure, anche nelle descrizioni di accredito in conto, si mantiene ancora questa espressione che risale al titolo fisico.
Un tempo chi comprava un titolo, di natura azionaria o obbligazionaria, riceveva un documento cartaceo, che consisteva in un foglio, con tanti piccoli tagliandi attaccati.
Il foglio principale riportava le caratteristiche del titolo, mentre i tagliandi corrispondevano alle cedole o ai dividendi, e che a ogni riscossione, appunto, venivano staccati.
Con la dematerializzazione dei titoli fisici, iniziata nel 1998, la proprietà del titolo oggi avviene attraverso una scrittura contabile.
Sebbene fuori corso, i vecchi titoli fisici sono oggetto di ricerca e scambio da parte di appassionati del genere.
Questa forma di collezionismo si chiama scripofilia. Deriva dall’inglese scrip-o-phily, dove scrip indica un certificato azionario provvisorio.
Spesso, passeggiando per i mercatini di antiquariato, se ne possono trovare di vari tipi.
Per esempio emessi da enti pubblici per la costruzione di una ferrovia. O addirittura, vecchissimi debiti risalenti al Regno d’Italia.
Ascolta il podcast (Speaker e musica Marco Chiappini)
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