Quando si vende un titolo in portafoglio a un prezzo superiore a quello a cui si è acquistato quel titolo, si realizza un guadagno. Sul guadagno, che tecnicamente si chiama plusvalenza, lo Stato applica una tassazione che prende il nome di imposta sul Capital Gain a cui ci si riferisce comunemente con l’appellativo di Capital Gain.
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Aliquota attualmente vigente
Il Decreto Legge n. 66 del 24/04/2014 del Governo Renzi ha aumentato dal 20% al 26% dell’aliquota sul Capital Gain, che si applica anche sui rendimenti (cedole e dividendi).
L’aliquota del 20% era stata introdotta dal Governo Monti, a gennaio del 2012, all’indomani del suo insediamento a Palazzo Chigi.
Con lo spread a 575 e le preoccupazioni dell’Europa, l’aumento del Capital Gain rappresentava un segnale forte tra le misure per contrastare la crisi finanziaria.
Prima del 2012 l’aliquota era del 12,5%, indistintamente su Titoli di Stato e titoli di altra natura (azioni, obbligazioni, derivati, etc.)
Aliquote differenziate
Nonostante le nuove aliquote introdotte dai Governi Monti e Renzi, il Capital Gain sui titoli di Stato (BOT, CTZ, BTP, CCT e CTZ) continua a beneficiare della tassazione del 12,5%, così come i titoli di enti pubblici come le regioni, le province ed i comuni, le obbligazioni di organismi internazionali come la World Bank e la BEI e i bond emessi da Stati esteri della white list.
E la tassazione del 12,5% vale anche per gli interessi prodotti da questi titoli obbligazionari.
La minusvalenza
L’opposto del Capital Gain è il Capital Loss, più comunemente chiamata minusvalenza.
Si tratta della perdita sul capitale realizzata a seguito della vendita di titoli che l’investitore aveva comprato a un prezzo più alto di quello di vendita.
Una volta aver venduto in perdita e aver sostenuto una minusvalenza, posso usarla nei quattro anni successivi per abbassare le tasse da pagare su eventuali altre plusvalenze che potrei realizzare.
La tassazione della ricchezza in Italia
Risale a un paio di anni fa un interessante articolo de Il Sole 24 Ore che riportava un’intervista fatta a Alastair Thomas, economista dell’OCSE.
All’epoca Thomas aveva presentato un rapporto che analizzava la tassazione dei risparmi delle famiglie, nell’ottica dell’introduzione di una tassa patrimoniale.
Secondo Thomas la tassa patrimoniale sarebbe solo un ripiego. Quello che l’Italia dovrebbe modificare è l’imposta di successione e la tassazione delle rendite da capitale. La prima, che giudica “alquanto generosa“, poiché si applica a partire da 1 milione di euro; la seconda che dovrebbe essere progressiva.
L’aliquota progressiva aumenta all’aumentare dell’importo su cui si calcola, una buona base di partenza per ridurre le disuguaglianze tra piccoli e grandi capitali, su cui attualmente si applica la stessa percentuale di tassazione.
Inoltre, questa progressività si dovrebbe applicare a tutte le forme di investimento, “altrimenti si finirebbe ancora una volta per favorire un particolare contribuente rispetto a un altro“.