Le iniziative legate a Quello che conta, evento organizzato dal Governo per sensibilizzare la popolazione all’educazione finanziaria arrivano forse con vent’anni di ritardo, se pensiamo ai terremoti finanziari che hanno sconvolto il mondo ma anche i portafogli di investitori e piccoli risparmiatori.
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In questo articolo ripercorriamo le crisi finanziarie ed economiche che hanno investito l’Italia negli ultimi vent’anni e che hanno dato un nuovo assetto al rapporto degli italiani con i propri risparmi e con gli intermediari.
1999-2001: dalla new economy al crollo delle Torri Gemelle
La bolla della new economy, tra la fine del 1999 e l’inizio del nuovo millennio e il crollo delle Torri Gemelle a New York nel 2001 fecero colare a picco il mercato azionario e prestarono il fianco a manovre speculative da parte di investitori senza scrupoli, lasciando però i piccoli risparmiatori a secco.
A quell’epoca erano in molti a pensare che chi investiva in azioni fosse esposto a un rischio maggiore di chi invece investiva i propri risparmi in titoli obbligazionari, addirittura emessi da uno Stato sovrano.
2003: le obbligazioni Argentina e Parmalat
Il fallimento dell’Argentina nel 2003 e dell’azienda Parmalat, sempre in quello stesso, nefasto, anno fece crollare le certezze anche di coloro che si erano sempre sentiti al sicuro con titoli obbligazionari in portafoglio, senza mai considerare il rischio di insolvenza del paese o dell’azienda a cui prestavano i soldi.
2008: il crac di Lehman Brothers
Cinque anni dopo, infatti, il crac di Lehman Brothers a seguito della crisi dei mutui subprime, colpì i possessori delle obbligazioni della banca statunitense Lehman Brothers, travolgendo i prezzi dei titoli obbligazionari delle altre banche statunitensi come Morgan Stanley, Merril Lynch e Goldman Sachs. Erano parecchi gli investitori italiani ad avere questi titoli in portafoglio e in parecchi vendettero massicciamente per paura che i prezzi scendessero ancora.
Se avessero aspettato qualche mese avrebbero recuperato buona parte del valore e avrebbero così potuto aspettare tranquillamente la scadenza naturale per ottenere di nuovo il 100% di quanto avevano investito.
Ma la paura e soprattutto la mancanza di basi solide nella materia gli giocarono un brutto scherzo.
In alcuni casi questa situazione rivelò un altro grande difetto dei risparmiatori italiani: quello di avere uno o al massimo due titoli in portafoglio, pensando così di ridurre il rischio.
Quando in realtà è vero l’esatto contrario.